L’intervista, Audero: “I nostri tifosi avrebbero potuto aiutarci, non averli ci ha tolto qualcosa”.

Emil Audero l’anno scorso è stato tra i più criticati, quest’anno è tra i migliori. Lo ha riconosciuto anche Ranieri pochi giorni fa. Come se lo spiega? «In realtà non è cambiato niente, l’anno scorso è stata un’annata particolare per più motivi con difficoltà
collettive. E nei momenti di difficoltà su noi portieri c’è uno zoom maggiore. Io ho sempre cercato di restare equilibrato senza deprimermi
nonostante alcune critiche di qualche tifoso. So che fa parte del gioco».

Voi portieri pagate più degli altri? «La regola non scritta è che il gruppo esalta il singolo. Quest’anno la squadra ha fatto molto bene spesso e io sono stato esaltato anche oltre i miei meriti. L’anno scorso eravamo in difficoltà e il focus era sulla classica metteva nel mirino soprattutto me. L’occhio vede quello che vuol vedere, il calcio è così».

Quindi tutto bene. «Sì, io sono sereno, anche se tante volte mi viene da ridere perché sembra che sia arrivato l’anno scorso mentre sono qui dall’anno prima e non mi pare di aver fatto male».

Più facile o difficile giocare senza pubblico per lei? «Senza tifosi è strano. Per tante squadre per me è stato un punto a favore, per altre no. Più si scende di livello e più dà una mano. Poi dipende dalle situazioni. Per quello che riguarda la Samp per come sono passionali i nostri tifosi tante partite ci avrebbero potuto dare una mano e non averli ci ha tolto qualcosa».

Avete il record di pali a favore (14): significa che è anche fortunato quest’anno? «Bisogna vederli tutti questi pali, non tutti sono “fortuna”.
Alcuni sono conseguenze di un gesto tecnico fatto nel modo giusto, come una deviazione. Comunque penso che la fortuna conti sempre
nelle carriere e se ti gira bene, meglio, ma in tante situazioni la fortuna te la vai a cercare lavorando e preparandoti bene. Ci sono palloni
che vanno sul palo perché li spingi tu col pensiero».

È molto più sicuro nelle uscite, prima il suo tallone d’Achille. Ha imparato o cosa? «No, gli allenamenti sono sempre gli stessi. È sempre un fatto di letture della situazioni. Considerate che abbiamo cambiato tre allenatori tra Giampaolo, Di Francesco e ora Ranieri e ciascuno chiedeva di fare cose diverse nell’impostazione difensiva. Non voglio giustificarmi ma è anche un fatto di abitudine tra difensori e portiere, il feeling non si costruisce da un giorno all’altro, ci devi lavorare».

Quindi il segreto? «Io sono sempre lo stesso, magari scelgo diversamente i tempi d’uscita ma tutti quanti possiamo sbagliare una valutazione. Forse qualcosa ho sbagliato ma certe critiche erano anche esagerate».

Nessuno si sbilancia, ma lei cosa pensa dei vostri obiettivi di squadra? «Non mi sbilancio neppure io perché è una situazione molto difficile. Tante squadre in pochi punti e tutto può ancora succedere. Potenzialmente siamo forti, molto migliorati rispetto all’anno scorso, ma ci sono ancora tanti passi davanti da fare e può essere un attimo ritrovarsi invischiati nei giochi dietro. Non lo dico per pararmi il fondo schiena ma perché vedo che questo campionato è strano e va preso con le pinze. Prima salviamoci, poi si vedrà».

Il suo giudizio su Ranieri ora che vi allena da quasi un anno e mezzo? «La sua esperienza, la sua professionalità, è esemplare, in settimana ti mette nelle giuste condizioni per dare il meglio la domenica. Mi ha colpito per queste doti da vero grande. Sull’aspetto tattico è uno che non ha grandissime pretese, prepara bene la partita sull’avversario ma non impone giocate pressate. Dà responsabilità a noi senza troppe pressioni, questo è bello».

Si è fermato all’assist di Firenze per Verre. E ora?(sorride). «Anche contro l’Inter ho rilanciato l’azione d’attacco e per poco segnavamo. Ma l’assist di un portiere è una cosa più unica che rara».

Alla nazionale ci pensa? «E’ un obiettivo che mi ero posto, è normale nella carriera di un calciatore pensare alle cose migliori che potrebbero capitare, quindi al sogno di vincere un Mondiale o la Champions. Ci penso, ovvio, ma senza averne l’ossessione. Io credo che le cose arrivino quando si meritano, se arriverà un giorno ben venga, altrimenti non sarà arrivata».

Il Secolo XIX