De Luca, da cedibile a conferma: “Me lo ha comunicato Quagliarella, poi il colloquio con il mister. Potete immaginare la mia felicità…”.

Manuel De Luca, partito per il ritiro di Ponte di Legno nella lista dei cedibili, con accordo già trovato con il Pisa per circa 2.5 milioni, è tornato a Genova da calciatore della Samp. Una conferma richiesta esplicitamente da Marco Giampaolo dopo l’amichevole di Brescia di sabato scorso.

Il Pisa se l’è anche un po’ presa… Come sta vivendo questo momento? «Con entusiasmo. Ho vissuto giorni particolari. Un mix di emozioni forti. Ogni giorno riflettevo su quale fosse la scelta migliore per me. Mi sono stati molto vicino la mia famiglia e il mio procuratore Minieri. Alla fine Giampaolo e la società mi hanno manifestato una forte fiducia ed è stata decisiva».

La giornata chiave è stata sabato scorso? «Sì. Al mattino sono arrivato al campo, in ritiro, che avevo deciso di accettare la cessione al Pisa. Ne avevo anche parlato con il team manager Marangon. Però è proprio vero che nel calcio finché non firmi tutto è possibile. E questo finale della storia, per me, devo dire che è stato anche inaspettato».

Come glielo hanno detto che sarebbe rimasto alla Samp? «È stato il capitano, Fabio Quagliarella dopo la partita con il Brescia mi ha chiamato e mi ha detto di non firmare con nessuno. E poi ho avuto anche un colloquio con il mister».

Lungo? «”Ci vediamo martedì a Bogliasco”… ».

Cinque parole che hanno disegnato un nuovo futuro per lei. Dalla B alla A in un solo giorno. «Tante emozioni. Mi sento un bambino piccolo, che ha voglia di continuare a sognare. Il mio obiettivo è sempre stato quello di giocare in A. Potete immaginare la mia felicità. Non nascondo di essere anche un ragazzo ambizioso, essere qui nella Samp con la fiducia del mister e dei miei compagni è per me motivo di grande orgoglio. Voglio sfruttare al massimo questa occasione».

Quante volte nella sua testa ha già giocato la partita del suo debutto in A? «Un sacco. Penso che una delle mie qualità sia la cultura del lavoro. Credo anche molto nel destino, che mi sta dicendo che quella partita che sogno da sempre adesso è un pochino più vicina. Per me sarebbe anche una piccola rivalsa morale per un paio di delusioni che ho avuto in passato. Tipo un provino con la Juventus nel 2013, in un torneo avevo segnato parecchi gol, ma sono passati avanti degli altri. E poi l’anno dopo con l’Inter, una stagione nelle giovanili, 12 gol, mi sembrava di meritarmi la conferma. E invece, niente».

La data del 3 gennaio 2018 cosa le dice? «Il punto più alto della mia carriera, fino a oggi. Ero nelle giovanili del Torino, convocato per i quarti di finale di Coppa Italia, contro la Juventus. Vado in panchina. Nel finale Niang chiede il cambio. Mihajlovic chiama Lombardo e gli indica me… non ci credevo».

Mihajlovic e Lombardo, due colonne doriane… «Forse si può prendere come un altro segno del destino. Tra l’altro non li ho neanche mai più sentiti».

Lei ha voluto iniziare a giocare a calcio andando a vedere sua sorella? «Sì, esatto. Denise, di sei anni più grande di me. È un difensore, adesso gioca tra i dilettanti, nell’Unterland. Però tutta la mia famiglia era appassionata di calcio. Papà Costantino di Brindisi, mamma Edith di Bolzano si sono conosciuti all’Università a Firenze. Sono bilingue, italiano e tedesco. Penso sia una fortuna nel mondo di oggi conoscere più lingue. Poi la mia famiglia si è trasferita a Bolzano, ho giocato tre anni nel Sudtirol, prima di decidere di seguire il mio sogno e di andare al Torino. La promozione in B è un risultato storico per la squadra della mia città».

Per lei è la seconda esperienza in Liguria dopo l’Entella. Come era andata? «Da ogni esperienza cerco di trarre sempre degli insegnamenti positivi. Il vantaggio è stato l’avere avuto l’opportunità di giocare il mio primo campionato di B. Purtroppo è stato condizionato da alcuni problemi legati alla pubalgia. Quando ero riuscito a trovare il mio spazio (19 presenze, 3 gol) prima è arrivata una ricaduta e poi la sospensione della stagione per il Covid. In quei mesi sono venuto più di una volta a Genova, ma non ho mai avuto l’occasione di vedere una partita della Sampdoria».

Un calciatore senza tatuaggi. Perché? «Mia mamma Edith dice che sono molto più bello “pulito”… ».

A Perugia le è capitato di non dormire una notte dopo un rigore sbagliato. Le capita spesso? «No, mai. È stata la prima volta. Un po’ perché non avevo mai fallito un rigore e un po’ perché era successo in un derby e sapevo quanto fosse importante per i tifosi del Perugia. In generale però faccio fatica ad addormentarmi dopo le partite, sono pieno di adrenalina. Le vivo tutte con le emozioni portate all’estremo. Poi ho sempre mille pensieri per la testa, il risultato… la classifica… ho giocato bene… ho giocato male… ».

La conferma nella Samp ha chiaramente alzato le aspettative sul suo conto. Se n’è accorto? «Sì. La sento tanto dentro di me, sento che è una grande occasione. Entro in punta di piedi. Osservo i trucchi del mestiere di Quagliarella e Caputo, sia in campo che fuori, due attaccanti forti e con un grande bagaglio di esperienza. Aspettando la mia chance, per dire la mia e giocare le mie carte».

Intervista de Il Secolo XIX