Inter, rivelazione clamorosa di una colonna: “Ho discusso con l’allenatore” | Addio inevitabile
L’Inter è rimasta nella scia del Napoli capolista con la vittoria di Roma, ma le dichiarazioni di un big suonano come una doccia gelata.
È bastata un’Inter a scartamento ridotto per avere ragione con il minimo scarto della Roma spenta e senza idee di questo avvio di stagione. Grazie al gran gol di Lautaro Martinez, tornato ad essere il bomber implacabile dello scorso anno, i campioni d’Italia hanno tenuto il passo del Napoli corsaro al Castellani di Empoli.
La squadra allenata da Simone Inzaghi, al netto di qualche incertezza palesata soprattutto in fase difensiva, sta tenendo fede al ruolo di principale favorita per la conquista dello scudetto, ispirata e trascinata dai suoi pezzi da novanta.
In questo momento è forse il miglior esterno mancino d’Europa e uno dei giocatori più amati dal pubblico interista. La sua crescita negli ultimi tre anni è tale da avergli permesso di conquistare il posto di titolare inamovibile anche in Nazionale.
Il commissario tecnico Luciano Spalletti stravede per lui, per Federico Dimarco, ventisette anni tra un mese, uno dei top di gamma nel suo ruolo al punto da poter vantare, tra i suoi grandi estimatori, anche un certo Pep Guardiola.
Inter, la confessione in diretta fa impallidire i tifosi: non poteva andare diversamente
La carriera dell’esterno nerazzurro, che dell’Inter è tra l’altro un acceso tifoso, non è stata però tutta rose e fiori. Anzi, qualche anno fa Dimarco aveva anche pensato di appendere gli scarpini al chiodo. Una scelta da cui per fortuna ha fatto retromarcia.
Nel corso di un lungo intervento sul podcast BSMT Dimarco ha svelato un dettaglio tragicomico relativo al suo turbolento passato. “Quando giocavo in Svizzera, nel Sion, avevamo un presidente molto particolare, se così si può dire“.
Inter, decisivo il litigio con l’allenatore: la rottura è stata definitiva
Era la stagione 2017-2018 e il Sion era ultimo in classifica. A quel punto il presidente costrinse l’intera squadra a seguire un programma di allenamento identico a un corso di addestramento militare: “Abbiamo fatto il training, magari in caserma o nei campi“, ricorda Dimarco.
“Dormivamo col sacco a pelo in mezzo ai campi, alle 6 svegli a camminare per 5/6 chilometri fino a che mangiavamo dentro le scatolette riscaldate col fuoco. E se ti rifiutavi di seguire il corso il presidente non pagava l’ingaggio. Questo metodo funzionò, ma poi ho discusso con l’allenatore e non ho più giocato“. Ricordi che sembrano preistoria.